Weekend d’arte in Italia: Mostre imperdibili da Leonardo a Carla Accardi tra Roma e Milano

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4 Dicembre 2025

Roma, 4 dicembre 2025 – Tra Roma e Milano, il mondo dell’arte italiana torna a mettere sotto i riflettori le figure di Silvia Giambrone, Carla Accardi e Fabio Mauri. Tre protagonisti diversi, ma tutti capaci di lasciare un’impronta ben riconoscibile nella cultura del Novecento e oltre. Le mostre e gli omaggi, inaugurati nelle settimane scorse, riportano in primo piano il legame tra memoria, linguaggio e identità. Un tema quanto mai attuale, soprattutto mentre le istituzioni provano a trovare nuovi modi per raccontare il presente.

A Roma doppio omaggio alle donne: Giambrone e Accardi

Dal 29 novembre la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma ospita le installazioni di Silvia Giambrone. La giovane artista siciliana, classe 1981, con “La pelle che abito” mette a fuoco il rapporto tra corpo, potere e rituali quotidiani. Fili di perle, vasi rotti, specchi deformati: oggetti semplici ma carichi di significato, sospesi tra protezione e minaccia. “Cerco di capire dove si nasconde la violenza nella routine,” ha raccontato Giambrone davanti a una teca piena di aghi da cucito sparsi senza ordine. All’inaugurazione, nel tardo pomeriggio, diverse studentesse d’arte si sono fermate davanti all’opera “Viva Voce”, tra stupore e domande non dette.

Nella stessa sede una retrospettiva celebra Carla Accardi (1924-2014), morta dieci anni fa ma ancora ben viva nel dibattito artistico. I suoi segni grafici – neri, astratti e ripetuti all’infinito su sicofoil o tela – dialogano con chi cerca nuove chiavi per interpretare il femminile e la pittura stessa. “Accardi ha liberato la pittura da ogni limite,” spiega la curatrice Ilaria Bernardi osservando i grandi pannelli degli anni Sessanta affiancati alle serie più recenti. L’allestimento gioca con luci fredde e ampie ombre, creando un’atmosfera quasi sospesa in cui i visitatori si fermano spesso per scattare foto col telefono.

Milano celebra l’eredità di Fabio Mauri

Se Roma punta su due generazioni al femminile, a Milano lo sguardo è tutto su Fabio Mauri, intellettuale inquieto e protagonista dell’arte concettuale italiana. Dal 2 dicembre il Museo del Novecento ripercorre il suo viaggio ossessivo sul linguaggio e i media: “La fine del mondo”, “Ebrea”, “Oscuramento” sono titoli che ancora risuonano nelle sale oltre che negli archivi degli studiosi. Oltre settanta opere – installazioni, video, proiezioni, performance documentate e oggetti di scena – compongono questa mostra intensa. Ma è un banco di scuola storto al centro della sala a catturare più di tutto: “Era la mia idea di educazione sotto dittatura,” spiegava Mauri nei taccuini privati che sua nipote Chiara ha letto durante la visita guidata ieri mattina.

Alla presentazione c’erano molti studenti dell’Accademia di Brera, alcuni dei quali hanno lasciato appunti sui cataloghi disponibili all’ingresso. La direttrice del museo, Anna Maria Montaldo, ha detto: “Riproporre Mauri vuol dire oggi riflettere sulle narrazioni sbagliate del passato.” Parole che arrivano anche ai tanti insegnanti che in questi giorni accompagnano scolaresche verso l’arte.

Il pubblico si interroga: voci dal cuore delle mostre

Oltre alle singole poetiche emerge un’urgenza comune: interrogare il presente usando materiali diversi ma sempre legati all’esperienza collettiva. Alla Galleria Nazionale gruppetti discutono animatamente delle analogie tra le superfici trasparenti della Accardi e i frammenti taglienti della Giambrone. Andrea Galati, professore di lettere in un liceo romano, commenta così: “Qui ogni segno diventa una domanda sul nostro tempo.”

A Milano invece il pubblico si muove più lentamente tra vecchi televisori e macchine da scrivere rotte; ogni oggetto sembra chiedere una pausa per essere compreso fino in fondo. Il museo ha registrato oltre 1.500 ingressi nelle prime 48 ore.

Memoria e futuro: una sfida aperta

L’atmosfera che si respira tra Roma e Milano – tra code alle casse e vivaci discussioni nei foyer – dimostra quanto sia vivo l’interesse per l’arte contemporanea. Gli organizzatori annunciano incontri pubblici con storici dell’arte e testimoni diretti nei prossimi giorni (date ancora da definire). Una sfida che coinvolge istituzioni, scuole e cittadini comuni: mettere in discussione i confini della memoria collettiva ed aprire nuovi spazi per creare.

Chi esce da queste mostre sembra portarsi dietro qualcosa in più – forse una domanda o solo uno sguardo diverso. In fondo è questo che resta dell’arte quando cala la sera: quel dubbio sottile da tenere stretto mentre si cammina per le vie illuminate del centro.

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