Tolosa, la città italiana che guarda al cielo tra storia e futuro dello spazio

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8 Dicembre 2025

Roma, 8 dicembre 2025 – Da Cape Canaveral in Florida ai silenzi del Parco dell’Astronomia di Loiano, in Emilia-Romagna: ogni anno sono migliaia gli appassionati che si mettono in viaggio per visitare i luoghi simbolo della storia dello spazio. E il motivo, dicono visitatori e operatori, va oltre la semplice passione per razzi e satelliti. È quasi un pellegrinaggio laico, una ricerca di senso nel confronto con il passato e il futuro dell’esplorazione umana.

Cape Canaveral, il mito che non tramonta

A Cape Canaveral, dove il 16 luglio 1969 partì l’Apollo 11, le visite non si fermano mai. Il Kennedy Space Center – una vasta area affacciata sull’Atlantico, a un’ora da Orlando – offre tour guidati tra rampe di lancio, moduli storici e simulatori. “Rimango senza fiato davanti al Saturn V”, confessa James, che lavora nel museo, indicando la gigantesca sagoma del razzo sotto il padiglione principale. La folla si stringe sotto le foto di Neil Armstrong e Buzz Aldrin mentre camminano sulla Luna; alle 11 del mattino arrivano gruppi di scolaresche con insegnanti e guide.

Non è solo nostalgia. I dati della NASA parlano chiaro: nei primi sei mesi del 2025, il Kennedy Space Center ha accolto oltre 900mila visitatori, con un aumento del 7% rispetto all’anno prima. “Da bambini sognavamo lo spazio, ora possiamo quasi toccarlo”, spiega Anne, turista francese arrivata da Lione. Intorno ai moduli Apollo si discutono le nuove missioni lunari, il ruolo dei privati come SpaceX e i dubbi sul futuro.

Europa: tra ricordi e curiosità

Ma non serve attraversare l’oceano per trovare pezzi importanti della storia spaziale. In Germania, al Deutsches Museum di Monaco c’è una delle collezioni più ricche di oggetti legati all’esplorazione. Tra motori e tute d’epoca, un gruppo di ragazzi osserva incantato una capsula Vostok originale. “Spiegare ai giovani perché il primo volo di Gagarin nel ’61 ha cambiato tutto è la nostra missione”, racconta Klaus Bruckner, curatore della sezione aerospaziale.

In Italia invece, il Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano dedica spazi importanti alle sonde automatiche e ai successi dell’Agenzia Spaziale Italiana. Ma a Loiano, poco fuori Bologna, c’è la cupola dell’Osservatorio astronomico, attiva dal 1936 e oggi punto di riferimento per scuole e appassionati. Le visite notturne – dice la direttrice Maria Grazia Ubertini – sono spesso già prenotate settimane prima: “Cresce la voglia di esperienze vere, non solo mostre statiche: qui guardiamo Giove al telescopio o raccontiamo come funzionano le antenne radio”. Nel 2025 sono arrivati oltre 18mila visitatori, soprattutto famiglie.

Russia e Cina: pellegrinaggi nella corsa allo spazio

Non mancano i pellegrinaggi nei Paesi protagonisti della corsa allo spazio. A Mosca, il Museo Cosmonautico attira scolaresche e turisti davanti alla riproduzione dello Sputnik 1. Qui si ritrovano gli appassionati della storia russa: “Ogni volta che entro sento l’eco dei pionieri”, racconta Oleg Petrov, ex ingegnere della Roscosmos.

In Cina, invece, sono aumentate le visite al National Space Science Center di Pechino dopo le ultime missioni della sonda Chang’e sulla Luna. Il pubblico cinese si è molto appassionato alla storia degli astronauti Shenzhou: “I bambini qui imitano le passeggiate spaziali negli spazi didattici del museo”, spiega Lin Qiang, responsabile dei laboratori educativi.

Un viaggio tra passato e futuro

Questi luoghi – dal Kennedy Space Center al piccolo osservatorio tra le colline emiliane – sono diventati punti d’incontro tra passato e presente. Si intrecciano domande su tecnologia, politica globale e futuro: “Nessuno viene qui solo per vedere vecchi pezzi di metallo”, riflette Andrea Ferrari, docente di astrofisica a Milano. L’atmosfera cambia durante conferenze o lanci in diretta: gruppi raccolti attorno agli schermi con gli occhi fissi sulle novità.

Eppure qualcosa resta sempre uguale. La voglia di capire dove stiamo andando – aggiunge Ferrari – è la stessa che spinse Armstrong a mettere piede sulla Luna cinquantasei anni fa. “Ognuno cerca la sua risposta”, dice una studentessa in fila davanti al planetario. Solo guardando in alto l’uomo riesce a sentirsi meno solo.

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