Lagfin (Campari) negozia accordo transattivo da 400 milioni con Agenzia delle Entrate

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10 Dicembre 2025

Milano, 10 dicembre 2025 – Bloomberg, il gigante americano dell’informazione finanziaria, è da mesi sotto la lente della Guardia di Finanza italiana. Ora è in piena trattativa con l’Agenzia delle Entrate dopo una lunga serie di accertamenti fiscali. Le discussioni, a quanto si apprende da fonti vicine alla vicenda, si stanno svolgendo proprio in questi giorni a Milano. Il punto cruciale? L’ammontare delle imposte che Bloomberg LP avrebbe dovuto versare in Italia e un possibile accordo per mettere fine alla questione, scaturita da irregolarità riscontrate nei conti della filiale italiana.

Controlli fiscali serrati sulle attività italiane di Bloomberg

La storia è iniziata all’inizio del 2025, quando la Guardia di Finanza ha notificato una serie di atti a Bloomberg LP. L’accusa riguarda presunte discrepanze tra i ricavi dichiarati in Italia e le tasse realmente pagate. Fonti investigative parlano di una somma che potrebbe superare i 20 milioni di euro per gli ultimi cinque anni. Una cifra che, se confermata, rappresenterebbe una delle contestazioni fiscali più pesanti rivolte a una multinazionale dell’informazione digitale nel nostro Paese.

Dal quartier generale milanese, in via Santa Margherita, filtra prudenza. Nessuna dichiarazione ufficiale, almeno per ora. Un portavoce dell’azienda si limita a dire che “Bloomberg rispetta le leggi locali ovunque opera” e che “continuerà a collaborare con le autorità italiane per fare chiarezza su ogni punto sollevato dagli accertamenti”.

Le trattative calde con l’Agenzia delle Entrate

Fonti riservate riferiscono che i vertici italiani ed europei di Bloomberg si sono presentati la scorsa settimana negli uffici lombardi dell’Agenzia delle Entrate. L’obiettivo è chiaro: trovare un accordo che possa chiudere la partita senza arrivare al tribunale. Una prassi ormai consolidata per grandi gruppi stranieri attivi in Italia (basta pensare ai casi Apple o Google degli anni passati). Si tratta di un confronto riservato fatto di scambi di documenti e proposte per definire prima possibile la controversia.

Dagli uffici centrali dell’Agenzia fanno sapere: “Non possiamo commentare singole posizioni”. Una risposta di routine che però conferma l’esistenza della procedura in corso. Nei prossimi giorni potrebbero arrivare aggiornamenti su cifre e portata dell’intesa, anche se alcune fonti vicine alla trattativa sottolineano che “le parti vogliono chiudere in fretta e senza ulteriori strascichi”.

Il cuore della disputa: i prezzi di trasferimento

Al centro della questione ci sono i cosiddetti prezzi di trasferimento, ovvero il modo con cui le multinazionali spostano ricavi e costi tra le diverse sedi nel mondo. Un tema tecnico ma molto sentito dal Fisco italiano negli ultimi anni, soprattutto nelle grandi aziende digitali e finanziarie. Il controllo punta a capire quanto effettivamente venga prodotto in Italia rispetto ai profitti spostati altrove.

Nel caso Bloomberg, secondo quanto ricostruito dalla Guardia di Finanza, parte dei ricavi derivanti dalla vendita di servizi finanziari e abbonamenti ai terminali sarebbe stata fatta transitare su società collegate all’estero. Da qui nasce il sospetto: le autorità temono che una parte importante dei guadagni realizzati in Italia non sia stata tassata come dovrebbe.

Due strade davanti: accordo o scontro legale

Se si trova un accordo, Bloomberg potrà regolarizzare tutto versando le somme richieste (compresi sanzioni e interessi) senza però ammettere alcuna colpa penale. È quello che è successo anche ad altri colossi tech e finanziari nel passato recente. “Per noi è fondamentale garantire certezza del diritto e pari trattamento tra aziende italiane e straniere”, commenta un funzionario del Mef coinvolto nella vicenda.

Altrimenti, se l’intesa non arriva, la battaglia finirà davanti alla commissione tributaria regionale di Milano. Un iter lungo, costoso e incerto nei tempi e negli esiti.

Un segnale forte dal fisco italiano verso i big internazionali

Il caso Bloomberg rientra in un trend chiaro: il Fisco italiano negli ultimi dieci anni ha alzato il livello dei controlli sui grandi gruppi internazionali, soprattutto quelli attivi nel digitale e nell’informazione finanziaria. Dall’altra parte c’è la richiesta degli stranieri per norme più chiare e stabili.

“Non vogliamo conflitti,” dice a margine un legale coinvolto nel dossier, “ma serve trasparenza su come si applicano le regole fiscali”.

Le prossime settimane saranno decisive per capire se questa storia si chiuderà con un’intesa o se servirà uno scontro nelle aule milanesi. Intanto resta alta l’attenzione su un dossier che mette al centro uno dei nomi più importanti del panorama finanziario mondiale e uno degli aspetti più delicati del sistema fiscale italiano.

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