Roma, 3 dicembre 2025 – Tra i vicoli di Trastevere e i palazzi che si affacciano su Piazza Navona, il giorno di festa a Roma resta sinonimo di tavola imbandita e profumi che invadono le cucine sin dal mattino. Nelle case come nelle trattorie, la tradizione si ripete quasi come un rito: la domenica – o nei festivi sparsi nel calendario – si riscoprono piatti che sanno di casa, radici e memoria collettiva. Le fettuccine fatte a mano e i saltimbocca alla romana non mancano mai. Eppure, dietro questa scena familiare, c’è un racconto più complesso: tra gesti antichi e abitudini che cambiano, la tavola romana resta un osservatorio unico sulla città e chi ci vive.
I riti della domenica: la pasta fresca simbolo di casa
Il primo segnale che il giorno è speciale arriva presto, intorno alle otto del mattino. Nei negozi di alimentari di Via del Governo Vecchio, una fila discreta si forma davanti al banco della pasta fresca. “Se non prendi le fettuccine entro le nove rischi che finiscano”, confida una signora col grembiule ancora macchiato di farina. Da decenni, racconta, la pasta all’uovo è il piatto principale del pranzo festivo romano: impastata a mano, tirata sottile e tagliata a strisce larghe.
Per Paolo Magnanimi, oste in una storica osteria del centro, “è questione di rispetto per la tradizione ma anche un modo per riunire la famiglia intorno al tavolo. Qui le fettuccine non sono solo cibo: sono un’occasione per raccontarsi la settimana”. Il sugo varia, certo, ma quello al ragù – con carni miste, pomodoro e soffritto – rimane il più richiesto. Altre versioni, come quella con funghi o burro e parmigiano, restano sullo sfondo.
Dal secondo al contorno: saltimbocca e attenzione ai dettagli
Non c’è pranzo festivo senza un secondo all’altezza della tradizione. Tra i preferiti ci sono i saltimbocca alla romana: fettine di vitello con prosciutto crudo e foglie di salvia, arrotolate e cotte in padella con burro e vino bianco. “Il trucco è cuocerli pochi minuti”, spiega lo chef Maurizio Taddei della Trattoria Gigetto. “Così restano morbidi e saporiti”.
Anche il contorno ha la sua importanza: puntarelle in salsa d’acciuga, carciofi alla giudia o patate al forno sono scelte classiche. Sono i piccoli dettagli a fare la differenza, dice Taddei. “La cucina romana si basa su pochi ingredienti semplici ma buoni”. Un equilibrio tramandato da generazioni.
Tavole piene tra tradizione e cambiamenti
A dicembre la ritualità del pranzo incontra nuove abitudini. Molte famiglie scelgono i ristoranti: meno fatica in cucina e più tempo da passare insieme. “Rispetto a dieci anni fa vedo molte più tavolate multigenerazionali fuori casa”, racconta il cameriere Gianluca Spadoni, mentre sistema bicchieri alle 11 in un locale vicino a Campo de’ Fiori.
Le sale si riempiono dalle 12.30 in poi. La prenotazione è ormai obbligatoria nei fine settimana. I dati dell’Associazione Esercenti Romani mostrano che nel 2024 i pranzi festivi fuori casa sono cresciuti del 15% rispetto all’anno prima. A spingere questo trend è anche la voglia di ritrovare i sapori tradizionali in ambienti meno formali.
Un legame che non si spezza
Chiedendo ai clienti perché scelgono proprio questi piatti nei giorni di festa, la risposta è semplice: “Mi ricorda casa mia”, dice Lidia Rinaldi, pensionata di Testaccio, davanti a un piatto fumante di fettuccine al ragù. “Quando ero piccola, la domenica c’era sempre il profumo del sugo”.
Nelle parole dei clienti si legge il senso vero del pranzo festivo romano: non solo una questione di gusto ma uno spazio dedicato alla famiglia e alle radici. Un rito che cambia forma ma resta riconoscibile. Solo così si capisce perché tra turisti e romani giovani in cerca di nuovi sapori le fettuccine e i saltimbocca non abbiano mai perso il loro posto sulla tavola.
Così va in scena ogni domenica o giorno festivo quella tradizione fatta di gesti semplici e sapori forti – tra storia familiare e voglia di stare insieme – che rende unica la tavola romana.