Grandi gruppi USA pagano 2 miliardi di tasse in Italia: dati FiscoOggi su 1.966 multinazionali

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8 Dicembre 2025

Roma, 8 dicembre 2025 – Sono 1.966 le multinazionali che nel 2023 hanno dichiarato al fisco italiano un giro d’affari complessivo di 498 miliardi di euro. È quanto emerge dal rapporto annuale pubblicato oggi da FiscoOggi, la rivista online dell’Agenzia delle Entrate, che fa il punto sulla presenza e l’attività delle grandi imprese straniere in Italia. Un dato stabile rispetto agli anni scorsi, ma che conferma il peso importante delle società internazionali nell’economia del Paese.

Multinazionali in Italia: un quarto del Pil nelle loro mani

Nel 2023, le multinazionali attive in Italia sono state poco meno di duemila – esattamente 1.966 – e quasi tutte controllate da capogruppo con sede fuori dall’Unione europea. Gli esperti dell’Agenzia sottolineano come il fatturato complessivo si sia avvicinato ai 500 miliardi di euro, pari a circa un quarto del Pil italiano. Un impatto rilevante, anche se leggermente inferiore rispetto al 2022, quando il giro d’affari superò i 510 miliardi.

Guardando alla provenienza geografica delle capogruppo, spiccano Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito. I settori trainanti restano quelli dell’automotive, della chimica e dell’energia. Da notare anche la cifra dell’imponibile fiscale: oltre 20 miliardi in imposte dirette versate da queste imprese secondo i dati delle Entrate.

Presenza straniera in Italia: una crescita stabilizzata

Rispetto agli inizi degli anni Duemila, la presenza delle grandi multinazionali in Italia si è ormai stabilizzata, osserva il rapporto. Le oscillazioni più significative si sono registrate tra il 2015 e il 2019, a causa di riorganizzazioni aziendali importanti e degli effetti fiscali legati alla Brexit. Nel 2021, subito dopo la pandemia, si è vista una lieve ripresa grazie agli incentivi per la produzione e alla crescita del settore farmaceutico.

Oggi la situazione è più matura: «Le multinazionali costituiscono una quota stabile dell’economia italiana – commenta Paolo Brogi, direttore di FiscoOggi –, ma la vera sfida riguarda la qualità degli investimenti e l’innovazione». Queste aziende impiegano più di 800 mila persone in tutta Italia, un dato che conferma il loro ruolo chiave anche sul fronte occupazionale.

Tassazione e trasparenza: il nodo BEPS

Un tema centrale riguarda la compliance fiscale. Negli ultimi anni l’Italia ha adottato le linee guida OCSE contro l’erosione della base imponibile, noto come progetto BEPS. Questo cambiamento ha spinto molte multinazionali a rafforzare la trasparenza e a migliorare le informazioni nei bilanci.

«Dal 2022 i controlli sulle transazioni tra società dello stesso gruppo sono molto più rigidi», spiega Brogi. In base alle ultime direttive europee, ogni multinazionale deve ora fornire dettagli precisi sulle attività in Italia: dai ricavi ai costi, dagli utili fino all’organizzazione interna e alle politiche sui prezzi di trasferimento.

Nel solo 2023 sono stati fatti oltre 300 controlli mirati su società estere con fatturati superiori ai 50 milioni di euro. Secondo fonti interne all’Agenzia delle Entrate, questi controlli hanno portato a recuperare circa 1,2 miliardi di imposte non versate. L’attenzione resta alta soprattutto nei settori considerati più a rischio: hi-tech, farmaceutica e servizi digitali.

Cosa aspettarsi nei prossimi anni

Il quadro che emerge da FiscoOggi lascia pensare che le multinazionali continueranno ad avere un ruolo centrale nel nostro Paese almeno nel medio termine. La pressione internazionale sulla tassazione degli utili globali – compreso il tema del minimum tax concordato all’OCSE – costringerà i gruppi esteri a rivedere le proprie strategie fiscali.

Tra gli operatori raccolti da alanews.it però c’è una certa prudenza: «Serve stabilità normativa», avvertono fonti di Confindustria. «Senza certezze rischiamo di perdere terreno rispetto ad altri paesi Ue». Intanto il governo – riferiscono ambienti ministeriali – punta a mantenere la cooperazione internazionale e a digitalizzare sempre più i controlli fiscali. Solo così potremo parlare davvero di un salto di qualità nella gestione della fiscalità delle grandi aziende straniere in Italia.

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