Giappone valuta armi nucleari: svolta storica che scuote l’Indo-Pacifico e preoccupa il mondo

Sara Gelmini

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21 Dicembre 2025

Tokyo, 21 dicembre 2025 – Un alto funzionario giapponese ha lanciato un tema che fino a poco fa in Giappone era considerato quasi un tabù: la possibilità che il Paese si doti di armi nucleari. La sua dichiarazione, fatta durante una riunione riservata al Ministero della Difesa nella capitale, ha scosso la politica nazionale e attirato l’attenzione preoccupata delle principali cancellerie mondiali.

Tokyo apre al nucleare: la tensione sale

Il protagonista di questa vicenda è Shinjiro Takahashi, vice ministro con delega alla sicurezza nazionale. Fonti vicine all’esecutivo – come riporta la NHK – parlano di un intervento molto netto di Takahashi durante una discussione sulla sicurezza nell’Asia-Pacifico. “Dobbiamo valutare tutte le opzioni – anche quella nucleare”, avrebbe detto senza mezzi termini. Al momento non è arrivato alcun commento ufficiale dal suo ufficio, ma la notizia si è subito diffusa, sia tra le agenzie giapponesi sia nelle testate internazionali.

Un’affermazione che pesa parecchio, soprattutto in un Paese ancora segnato dalla memoria di Hiroshima e Nagasaki. Dal 1947 il Giappone ha una costituzione pacifista e ha sempre ribadito il suo netto rifiuto verso l’uso e il possesso di armi atomiche. Eppure, nel giro di poche ore, la questione è passata dalle stanze del ministero ai corridoi della Dieta, il Parlamento giapponese.

Premier Okada frena: “Posizione immutata”

Il primo ministro Taro Okada, interpellato dai giornalisti davanti al governo in tarda mattinata, ha cercato di mettere un freno alle polemiche. “La nostra posizione non cambia”, ha detto chiaramente, “restiamo contrari alla proliferazione nucleare”. Ma il tema sembra destinato a restare al centro del dibattito pubblico. L’opposizione socialdemocratica ha chiesto che Takahashi venga convocato subito in Parlamento per chiarire la sua posizione. “Le sue parole sono inaccettabili”, ha detto la capogruppo Mayumi Tanaka, sottolineando come “non si possa giocare con la storia e la sicurezza dei cittadini”.

Nel frattempo, davanti alla stazione di Shibuya, decine di cittadini sono scesi in piazza con cartelli contro il nucleare. Molti portavano con sé il ricordo personale delle famiglie colpite dal bombardamento del 1945: “Abbiamo già pagato un prezzo troppo alto”, ha raccontato a un nostro cronista Yukio Sasaki, insegnante in pensione.

Dal mondo sguardi preoccupati: Cina e Usa vigili

Le parole di Takahashi non sono passate inosservate oltre i confini giapponesi. La Cina ha espresso “profonda preoccupazione” tramite una nota del ministero degli Esteri. Gli Stati Uniti, che da sempre garantiscono la sicurezza del Giappone, hanno chiesto chiarimenti direttamente all’ambasciata giapponese a Washington. Un portavoce della Casa Bianca ha anticipato che il tema sarà affrontato nei prossimi incontri bilaterali. Anche altri alleati della regione, come Corea del Sud e Australia, hanno espresso “inquietudine” per una possibile svolta nella politica militare nipponica.

Per alcuni esperti del Japan Institute of International Affairs, le crescenti tensioni nel Pacifico – dalla crisi di Taiwan alle schermaglie nel Mar Cinese Meridionale – spingono una parte dell’establishment giapponese a rivedere le scelte strategiche del Paese. Però modificare la costituzione e dotarsi di armi nucleari non sarebbe cosa da poco: servirebbe un dibattito parlamentare molto profondo e un cambiamento culturale importante.

Pacifismo costituzionale messo alla prova

L’articolo 9 della costituzione giapponese – la famosa “clausola pacifista” – vieta esplicitamente il ricorso alla guerra e il possesso di armamenti offensivi. Ecco perché questa proposta rischia di spaccare l’opinione pubblica nipponica. In un sondaggio condotto nel 2024 dal Mainichi Shimbun oltre il 70% degli intervistati si diceva contrario a qualsiasi ipotesi nucleare.

Anche tra i giovani cresce l’incertezza. Nei campus universitari di Tokyo e Kyoto il dibattito si infiamma: c’è chi parla di “rafforzare la deterrenza”, mentre altri vedono nella scelta una vera e propria “bocciatura della memoria nazionale”. La stessa associazione degli hibakusha – i sopravvissuti ad Hiroshima – ha diffuso un comunicato molto chiaro: “Non vogliamo che nessuno nel mondo soffra quello che abbiamo vissuto noi”.

Per ora il governo sembra intenzionato a non aprire ufficialmente questo dossier. Ma le parole del vice ministro restano lì, a mostrare come gli equilibri geopolitici e le paure nella regione stiano incrinando certezze date per scontate fino a ieri. E forse suggeriscono anche che certi tabù, in Giappone, non sono più così intoccabili come prima.

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