Tokyo, 16 dicembre 2025 – Il governo giapponese accelera sulle misure di sicurezza navale e digitale dopo una serie di episodi di sabotaggio ai cavi sottomarini che collegano l’arcipelago al resto del mondo. Negli ultimi giorni, in mezzo a tensioni crescenti con la Cina, Tokyo ha scelto di puntare su una maggiore autonomia infrastrutturale. L’obiettivo è rafforzare sia la difesa marittima sia una filiera tecnologica indipendente. È un cambio deciso, spinto dalle preoccupazioni di operatori e istituzioni per la fragilità dei cavi ottici e dei punti chiave della logistica.
Allarme dopo i sabotaggi ai cavi tra Taiwan e Giappone
Il primo campanello d’allarme è scattato a novembre, quando due cavi sottomarini vicino all’isola di Miyakojima – punto cruciale tra Okinawa e Taiwan – sono stati trovati danneggiati in circostanze ancora poco chiare. “Le indagini sono in corso, ma sembra un atto intenzionale”, ha ammesso il ministro delle Infrastrutture, Kenji Matsuda, durante una conferenza stampa a Chiyoda alle 9:30 del mattino. La zona è costantemente sorvegliata dalla Japan Coast Guard, che utilizza droni e pattuglie 24 ore su 24. Il guasto, risolto in cinque giorni, ha causato interruzioni parziali nelle comunicazioni internet e nel traffico dati tra il sud del Giappone e l’Asia orientale.
Per molti osservatori, questo episodio ha messo in luce una forte dipendenza strategica da queste infrastrutture sottomarine: invisibili ma essenziali per l’economia digitale. “Non possiamo escludere responsabilità cinesi”, ha detto una fonte della Difesa alla NHK, specificando però che “non ci sono ancora prove certe”.
Tokyo risponde: filiera autonoma e nuove rotte logistiche
Il governo non ha perso tempo. A metà dicembre il premier Shigeru Hoshino ha convocato una cabina di regia interministeriale per discutere di autonomia navale e infrastrutture critiche. Al centro dei lavori c’è la creazione di una “filiera nazionale per la produzione dei cavi ottici”, come spiegato dalla viceministra per il Digitale, Yuko Arai. Oggi circa il 90% dei componenti arriva da consorzi internazionali, molti con legami diretti o indiretti alla Cina.
Di fronte al rischio di nuovi incidenti, Tokyo sta anche cercando alternative nelle rotte commerciali marittime. L’attenzione si sposta sui porti di Busan (Corea del Sud) e sulle vie artiche che, pur meno trafficate, offrirebbero maggiore varietà negli scambi rispetto ai passaggi tradizionali nel Mar Cinese Orientale. “Non possiamo più permetterci colli di bottiglia”, ha ammesso un funzionario del ministero dei Trasporti.
Difesa marittima e vigilanza rafforzata nello stretto di Okinawa
Anche la Marina prende sul serio il problema sicurezza. I vertici della Japan Maritime Self-Defense Force, in una nota uscita ieri sera, hanno annunciato l’arrivo di nuovi mezzi: due fregate classe Mogami e un sommergibile Soryu saranno impiegati per pattugliare lo stretto di Okinawa. “Proteggere le nostre infrastrutture marine non è più negoziabile”, ha detto l’ammiraglio Masayuki Okada. Tra le novità ci sono anche nuovi radar installati nella base navale di Naha che dovrebbero riuscire a individuare eventuali tentativi di manomissione, anche da sottomarini sconosciuti.
Tutto questo avviene in un contesto regionale complicato: secondo l’ultimo report del think tank australiano ASPI, dal 2024 ad oggi si contano almeno sei episodi sospetti o sabotaggi ai cavi nell’area Asia-Pacifico. Quattro sono avvenuti vicino alle acque territoriali giapponesi.
Le reazioni internazionali e i rischi per il commercio
La vicenda tiene banco anche all’estero. Washington ha espresso “solidarietà agli alleati giapponesi” attraverso il portavoce del Dipartimento di Stato, chiedendo massima chiarezza nelle indagini. Pechino invece si è limitata a una breve nota ufficiale: “La Cina respinge ogni accusa e sostiene la sicurezza della navigazione nel Pacifico”, recita un comunicato diffuso via Xinhua.
Le aziende giapponesi – da SoftBank a Sony – hanno già pagato lo scotto con ritardi nelle consegne digitali e costi maggiori per mantenere copie extra dei dati. Un manager di Rakuten ieri pomeriggio ha raccontato a Shinagawa: “Stiamo rivedendo le nostre politiche sulla sicurezza delle reti”.
Gli scenari futuri tra investimenti e cyber-difesa
Tokyo sembra intenzionata a mettere sul piatto oltre 1,5 miliardi di euro entro il 2027 per nuovi sistemi che proteggano e tengano sotto controllo i cavi sottomarini, secondo fonti raccolte dal Nikkei. Nel frattempo si rafforza anche il dialogo con partner come Australia e Singapore per costruire un sistema regionale rapido d’allerta.
Resta però un punto critico da affrontare. Gli esperti della Keio University sottolineano che “la vulnerabilità fisica delle infrastrutture è solo metà del problema”: la minaccia informatica resta alta su tutta la filiera digitale.
“Serve un coordinamento internazionale vero”, ha sintetizzato la professoressa Ayumi Nakagawa uscendo da un convegno alla Dieta ieri sera. Solo così le rotte tra Giappone e Asia potranno tornare davvero sicure.