Giappone aumenta spesa militare e alleanze senza toccare l’articolo 9: nuovo approccio al riarmo strategico

Sara Gelmini

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30 Dicembre 2025

Tokyo, 30 dicembre 2025 – Il Giappone continua a spingere sulla propria spesa militare e a potenziare le capacità operative delle Forze di autodifesa. Tutto questo, mentre resta formalmente intatto l’articolo 9 della Costituzione, che vieta la guerra. È un equilibrio delicato, che da mesi infiamma il dibattito nelle stanze del Parlamento di Tokyo, nelle università e tra gli alleati internazionali. Dietro questa evoluzione c’è una reinterpretazione più ampia del principio pacifista, che avviene senza clamori ma con segnali concreti e ben visibili.

La spinta al riarmo: numeri e strategie

Secondo i dati del Ministero della Difesa giapponese, il budget militare per il 2025 ha raggiunto i 7,95 trilioni di yen (circa 50 miliardi di euro), con un balzo del 16% rispetto all’anno precedente. Si tratta della cifra più alta dal dopoguerra, un segnale chiaro dell’impegno del governo guidato da Fumio Kishida: rispondere alle crescenti tensioni regionali investendo in tecnologie all’avanguardia, come droni, missili di precisione e capacità informatiche avanzate.

Ma non è solo una questione di cifre. Il ministro della Difesa, Minoru Kihara, ha spiegato durante una conferenza a Nagatacho: “Stiamo aggiornando la nostra difesa per far fronte a minacce nuove e più gravi”. Non ha mai nominato direttamente la Cina, ma le manovre intorno alle isole Senkaku sono sotto gli occhi di tutti a Tokyo.

Alleanze in primo piano, dall’Asia all’Occidente

Questo rafforzamento va di pari passo con una intensa attività diplomatica. Negli ultimi sei mesi il premier Kishida ha incontrato i leader di Australia, Corea del Sud e Stati Uniti per rinnovare gli accordi sulla difesa. A ottobre si è svolta un’esercitazione navale al largo di Okinawa, con navi giapponesi e cacciatorpediniere della US Navy che hanno operato fianco a fianco. “La sicurezza nell’Indo-Pacifico richiede collaborazione reale”, ha detto l’ammiraglio Ryo Sakai, capo delle Forze marittime di autodifesa.

Ma non è solo Washington: anche i legami con l’Europa si fanno più stretti. A novembre il ministro degli Esteri giapponese ha firmato con l’Unione Europea un accordo strategico che include scambi di informazioni e progetti comuni su cybersicurezza e controllo delle tecnologie dual use.

Pacifismo messo alla prova

Il nodo più controverso rimane sempre l’articolo 9. La norma del 1947, simbolo del nuovo Giappone postbellico, stabilisce che “il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione”. Da qui l’esistenza delle sole Forze di autodifesa (SDF), senza un esercito vero e proprio.

Negli ultimi dieci anni però le interpretazioni si sono fatte più flessibili. Nel 2015 il governo Abe ha introdotto il concetto di “self collective defense”, cioè la possibilità di intervenire militarmente per difendere un alleato attaccato. Oggi questa linea si amplia ulteriormente: nell’ultimo Libro bianco sulla Difesa si parla apertamente di “preparazione attiva” contro minacce esterne, anche in contesti internazionali.

Reazioni contrastanti in patria e all’estero

La società giapponese resta spaccata. I sondaggi dell’agenzia Kyodo mostrano che appena il 38% approva l’aumento della spesa militare; tra i giovani universitari – raccolti in gruppi come “No War Japan” – crescono le proteste davanti alla Dieta. Una studentessa incontrata a Shibuya, Makoto Saito, confessa: “Temiamo che lo spirito della nostra Costituzione vada perso”.

Fuori dal Giappone le risposte sono più sfumate. Gli Stati Uniti apprezzano la nuova direzione presa da Tokyo: “È un segnale di maturità strategica”, dice il Segretario alla Difesa USA. La Cina invece accusa il Giappone di tornare indietro nel tempo. “Il Giappone deve rispettare le sue scelte pacifiste”, si legge in una nota del Ministero degli Esteri cinese.

Una strada stretta da percorrere

La domanda vera resta una sola: fino a quando il Giappone potrà continuare su questa linea sottile? Può aumentare le sue capacità militari senza toccare ufficialmente la Costituzione? Per ora il compromesso tiene. Ma molti esperti – tra cui il professor Yasushi Watanabe dell’Università Keio – mettono in guardia: “L’ambiguità può reggere finché non arriva una crisi vera”.

Nel frattempo, sotto le luci fredde dei palazzi governativi a Kasumigaseki, il confronto va avanti – tra ricordi storici e esigenze attuali – mentre il pacifismo giapponese sembra attraversare una nuova fase: rigido nei principi, ma pratico nelle scelte quotidiane.

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