Roma, 14 dicembre 2025 – Il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio Unesco è stato definito “una spinta in più per tutto il settore” dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè, intervenuta ieri pomeriggio a Palazzo Chigi. L’attesa è finita: dopo settimane di voci e un’attenta valutazione internazionale, la notizia è arrivata ieri mattina da Parigi, sede dell’Unesco.
Riconoscimento Unesco, una svolta per la cucina italiana
Per la ministra, questa è “una giornata importante non solo per chi lavora nel settore, ma anche per milioni di famiglie e piccoli produttori che ogni giorno tengono viva la nostra tradizione”. I numeri danno ragione a Santanchè: oggi il settore enogastronomico vale più di 500 miliardi di euro all’anno, con una crescita costante sia nelle esportazioni che nell’attrattività turistica. Nel solo 2024, secondo i dati Istat, sono stati quasi 65 milioni gli arrivi stranieri attratti anche dal cibo italiano.
“Non si tratta solo di ricette – ha sottolineato Santanchè davanti a giornalisti e operatori –, ma di un vero e proprio sistema di valori, saperi e gesti che si tramandano da secoli”. Al termine del suo intervento, in sala sono partiti alcuni applausi mentre la ministra stringeva mani e si faceva fotografare con rappresentanti delle associazioni di categoria.
Una candidatura voluta da istituzioni e territori
La candidatura della cucina italiana era partita ufficialmente nel 2023, frutto di un lavoro lungo che ha coinvolto ministeri, Regioni, Comuni e realtà del mondo agroalimentare. Il dossier ha raccolto centinaia di storie: dalle trattorie dei paesi ai grandi ristoranti stellati. Il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi ha evidenziato come “la forza della nostra proposta stia nella varietà delle storie raccolte: non solo pasta e pizza, ma anche prodotti tipici poco conosciuti fuori dall’Italia”.
Anche Coldiretti e Confcommercio hanno espresso soddisfazione. In un comunicato diffuso nel tardo pomeriggio, Coldiretti ha parlato di “tutela dell’identità agricola e alimentare nazionale”, ricordando che il riconoscimento “offre nuove armi contro l’italian sounding”, quel fenomeno delle imitazioni all’estero.
Un impatto economico e sociale immediato
Secondo gli esperti del turismo, il marchio Unesco potrebbe far crescere del 10-15% i flussi turistici legati all’enogastronomia nei prossimi tre anni. “Ci aspettiamo un aumento nei viaggi organizzati a tema food – ha spiegato Claudio Albonetti di Assoturismo –. Molti operatori stanno già lavorando su nuovi pacchetti e itinerari”.
Ma il riconoscimento non riguarda solo il turismo. Nei piccoli borghi e nei distretti agricoli cresce la speranza che questo titolo aiuti anche le filiere corte, le produzioni locali e i giovani imprenditori agricoli. “È uno stimolo a restare qui – racconta Luca Bellini, giovane produttore di formaggi nel Viterbese –. Per me e tanti altri under 30 tra orti, vigne e cucine di famiglia questa notizia dà visibilità e orgoglio”.
Difesa dell’autenticità e delle tradizioni locali
Non sono mancate però le voci più caute. Alcuni esperti avvertono sul rischio di una “massificazione”. “Il riconoscimento è positivo – mette in guardia l’antropologa Alessandra Guarino –, ma dobbiamo fare attenzione perché le tradizioni restino vive e non diventino solo un prodotto da mostrare”. Lo stesso invito arriva da Slow Food: “La vera forza della cucina italiana sta nella sua diversità”, si legge in una nota diffusa sui social.
In serata Santanchè è tornata sull’argomento: “Dobbiamo lavorare insieme a scuole alberghiere, artigiani ed enti locali. Solo così riusciremo a trasmettere questa eredità alle generazioni future”. L’obiettivo è che dietro al riconoscimento Unesco ci sia un impegno concreto: più protezione per i prodotti tipici, investimenti nella formazione e lotta alla contraffazione.
Le prospettive per il futuro
Il prossimo passo sarà mettere a punto un piano operativo condiviso tra ministeri e Regioni. Tra le priorità ci sono nuove iniziative promozionali (anche nei mercati asiatici), investimenti nella formazione professionale e controlli più severi sulle filiere produttive. Intanto dalla Lombardia alla Sicilia si respira aria di festa: vetrine decorate nei centri storici, brindisi improvvisati tra cuochi e clienti.
“Non basta aver ottenuto questo riconoscimento”, ha chiuso Santanchè prima di uscire da Palazzo Chigi poco dopo le 19. “Adesso tocca a noi dimostrare giorno dopo giorno che lo meritiamo”. E il settore sembra pronto a raccogliere la sfida con una convinzione comune: la cucina italiana non è solo cibo, ma è soprattutto storia viva delle nostre comunità.