Modena, 1 dicembre 2025 – Francesca Campioli, artista e curatrice modenese, ha riportato ieri pomeriggio al Teatro Storchi un ricordo intenso di una delle stiliste più influenti del Novecento. L’incontro, dal titolo “La moda di casa: l’eredità di una visione”, ha attirato più di duecento persone: studenti, addetti ai lavori e semplici appassionati si sono riuniti in via Carlo Goldoni, nel cuore della città. Lo scopo era chiaro: restituire a Modena la memoria e il valore di una figura che ha lasciato un segno profondo nella moda italiana.
Gabriella Cremaschi, la stilista che parla ancora
Al centro della serata, il ricordo di Gabriella Cremaschi, modenese di nascita (1932) e scomparsa nel 2015. Davanti a un pubblico attento, Campioli ha raccontato aneddoti della sua vita privata e professionale, soffermandosi su “quell’attenzione maniacale ai dettagli che era diventata il suo marchio di fabbrica”. Qualche sorriso è spuntato quando ha descritto le visite nel suo piccolo laboratorio di via Albinelli, dove “si sentiva ancora l’odore delle stoffe appena tagliate”.
Non sono mancati riferimenti agli anni Sessanta, quando Cremaschi conquistava Milano con le sue collezioni. Campioli ha ricordato come “Gabriella avesse scelto di non lasciare Modena, diceva sempre che questa città la teneva con i piedi per terra”. Parole riprese anche da Lucia, la nipote della stilista, seduta in sala con un abito originale firmato dalla zia.
Le radici modenesi dietro ogni creazione
Durante l’incontro è emersa forte l’importanza delle radici modenesi nella carriera di Cremaschi. Campioli ha mostrato foto d’archivio, schizzi e lettere inedite. “Le linee morbide dei suoi abiti – ha spiegato – sembrano riflettere le colline intorno a Modena, come se i paesaggi si fondessero con i suoi disegni”. A rafforzare il legame, le testimonianze di alcune ex collaboratrici sedute in prima fila. Maria Gualtieri, sarta storica della maison, ha raccontato: “Eravamo come una famiglia, lavorare con Gabriella significava anche imparare la pazienza”.
La conversazione si è poi spostata sulla moda artigianale, oggi sempre più messa da parte per colpa delle produzioni veloci e globalizzate. Campioli non ha nascosto una punta di nostalgia: “Oggi si guarda tutto sui social, ma per capire davvero una stoffa devi toccarla”. La platea ha risposto con un applauso.
Un tributo ufficiale e un archivio da salvare
Non solo ricordi personali. Nel corso della serata è arrivata la notizia che il Comune di Modena dedicherà una sala del Museo Civico a Gabriella Cremaschi. La decisione ha commosso tutti. L’assessora alla cultura, Laura Ferrarini, presente tra il pubblico, ha commentato: “Un riconoscimento più che meritato a una donna che ha portato lustro alla città”.
Resta però aperto il problema dell’archivio: migliaia di disegni, foto e prototipi rischiano ancora di restare chiusi in scatoloni polverosi nella vecchia casa di famiglia. “Stiamo lavorando per digitalizzare tutto entro l’anno prossimo”, ha garantito Campioli. L’obiettivo è rendere accessibile a studiosi e cittadini questa collezione che racconta sessant’anni di moda italiana.
Le nuove generazioni tra tradizione e innovazione
La serata si è chiusa con le domande di alcuni studenti dell’Istituto Cattaneo-Deledda. Molti hanno chiesto come si possa portare avanti la tradizione senza cadere nella ripetizione. “Ci vuole coraggio – ha risposto Campioli – ma anche rispetto per quello che si è imparato”. Un invito a osare, senza dimenticare le proprie radici.
Usciti dal teatro, pochi minuti dopo le 19, piccoli gruppi si sono fermati sotto i portici a parlare ancora del valore della memoria e della moda locale. Molti hanno voluto salutare la curatrice, altri si sono limitati a scattare qualche foto davanti al manifesto dell’evento. La sensazione diffusa era chiara: Modena non celebra solo una delle sue figlie più illustri, ma riflette su come coltivare una creatività che nasce dal territorio e guarda lontano.